Translate!

domenica 1 aprile 2012

Riceviamo e Pubblichiamo! - Ripensare l'Arte Povera, 1967-2011/2


Riceviamo e pubblichiamo una missiva dell'artista Alberto Esse a proposito del mio articolo sull'Arte Povera apparso su Blag! il 15 Febbraio 2012 e consultabile clikkando qui: 
Ripensare l'Arte Povera 1967-2011/2


Le questioni sollevate da Esse sono, a parere di chi scrive, di profonda pertinenza nei confronti del cosa voglia dire fare arte oggi e ripropongono LA domanda:


"l'Arte é cosa da museo o opera la cui carica dirompente non puo' e non deve essere messa al riparo tra quattro mura?" 


La questione é di difficile soluzione perché un'arte non da museo diventerebbe un'arte non vendibile, non commerciale e commercializzabile che comporterebbe una immediata rovina del mercato dell'arte stesso. Tuttavia non si puo' non valutare attentamente il contenuto di quanto scritto sotto...insomma decidere da che parte stare é scelta ardua...con questi pensieri lascio la parola ad Alberto Esse:


"L'operazione-evento “Arte Povera 2011”, che doveva costituire un importante momento di documentazione e storicizzazione di un movimento che giustamente è considerato con il Futurismo di fondamentale importanza nell'avventura delle arti visive del secolo passato, rischia di ottenere effetti opposti.
E non solo a causa di due errori (o falsi) storico-critici: l'estensione forzata e forzosa fino ai nostri giorni di un movimento conclusosi all'inizio degli anni '70 e la sua limitazione a soli ed esclusivi 13 protagonisti.
Se si esaminano le mostre in corso e si leggono i contributi critici del catalogo appare evidente che vi sia un tentativo diffuso di far passare come elemento fondante, quando non esclusivo, dell'Arte Povera quello dell'uso di materiali poveri (visti e declinati in tutte le loro funzioni poetiche, estetiche, concettuali, oniriche ecc).
Ora, se è innegabile che l'uso di materiali poveri (considerati soprattutto, molto concretamente, come portatori di una visione poveristica anticonsumistica) fosse UNA delle caratteristiche di questo movimento, è altrettanto innegabile che accanto a questa ve ne erano altre della stessa importanza e fondanti: la critica al ruolo e alla funzione della figura dell'artista quale “giullare” del sistema dell'arte basato sul mercato e la critica al sistema di produzione e diffusione dell'arte (allora e tuttora) vigente attraverso gallerie e musei, con la conseguente ricerca di nuovi ed “altri” circuiti di comunicazione e di nuovi ed altri utenti individuati in primo luogo nelle classi e categorie sociali protagoniste del grande cambiamento in atto in quegli anni.
Da quest'insieme di caratteri deriva la forte spinta antiistituzionale di una forma artistica che non a caso veniva apertamente definita, nel primo e più significativo manifesto, come “Arte di guerriglia”. Tutte caratteristiche che oltre ad essere, come visto, ben presenti nei testi critici erano soprattutto presenti nelle opere e nell'operare anche dei nostri, o meglio celantiani, “magnifici tredici”.
Il tentativo di mistificare e svuotare l'Arte Povera dei suoi significati primari, riducendola da complessa arte di guerriglia a innocua merce da aste, è pienamente confermato poi nelle scelte espositive con cui, almeno nelle principali mostre di Milano, Bologna e Torino, rispetto a una possibile ipotesi di museizzazione, si è scelto la via della museificazione. Vale a dire, la acritica e meccanica trasposizione in spazi rigidi di opere spesso nate per vivere ed essere fruite fuori da gallerie e musei. Opere spesso nate per essere interattive e coinvolgenti, per essere strumento performativo, per essere toccate, usate, a volte anche distrutte costrette in rigidi spazi museali dove, per ragioni di principio o di sicurezza, non possono essere pienamente fruite e utilizzate, ma nemmeno toccate subendo una straniante decontestualizzazione ambientale e storica con un'operazione di re-aurizzazione che contravviene in pieno al loro spirito iniziale.
Certamente il problema della museizzazione, e in generale della esposizione delle opere storiche dell'Arte Povera, è complesso e di difficile soluzione. Ma il negarlo, il non prenderlo minimamente in considerazione, il non affrontarlo con corrette scelte filologico-espositive nell'allestimento della maggioranza delle mostre di “Arte Povera “2011”, il far languire in spazi e situazioni inadatte opere nate per interagire e vivere assieme al fruitore è , a mio avviso, un ulteriore errore imperdonabile che va a completare un'operazione tesa al progressivo svuotamento dell'Arte Povera a favore di una sua re-aurizzazione che risulta funzionale non tanto alla ricerca e alla sistematizzazione storica e critica quanto a una banale reificazione."
Alberto Esse  


Il dibattito inizia qui!
Invito tutti coloro che sono interessati all'argomento, e desiderano scambiare il proprio punto di vista, a scrivermi all'indirizzo marcocav82@hotmail.com 
I post saranno anche discussi sul profilo Facebook Terra di sud/Blag! e sulla Fanpage Blag!


Marco Caccavo 

Nessun commento: