L'oggetto d'arte: una
proiezione, un portavoce, una mano tesa
"Il processo di
creazione artistica" é il tema di una conferenza tenuta
venerdì' alla Fondazione Carzou dal critico d'arte Marco Caccavo,
insegnante presso la scuola internazionale.
Immersione proposta alla
vigilia di un concerto performance nel quale si incroceranno varie
arti, organizzato durante una residenza di 5 giorni della scultrice
Thémo Bennacer, l'autore James Fontaine, la musicista Nell Sin.
"Prendere il proprio
posto in questo flusso vitale"
"Nessuna cosa é
stata mai scritta o dipinta, modellata, costruita, inventata se non
per uscire dall'inferno", scriveva Antonin Arthaud nel suo "Van
Gogh o il suicidio della società".
"Perché l'uomo é
posseduto da questa volontà di fare e di creazione che non gli sono
necessarie, mentre potrebbe condurre la sua vita non creando delle
cose "inutili"...? Prima domanda che pone il conferenziere.
All'inizio del processo,
lo shock della venuta al mondo, colloca, secondo Marco Caccavo,
questa "specie di apocalisse" all" "uscita dal
sogno" verso una "rinascita" che animerà tutta la
vita questa "volontà di prendere il proprio posto in questo
flusso vitale" in perpetuo movimento, di partecipare al reale
diventando attore della "modificazione del mondo".
"Io devo essere la
mia opera"
L'arte "é un anti
destino", diceva Malraux, visione condivisa dal conferenziere,
quella del creatore che rivaleggia con dio, scongiurando la morte, lasciando "una traccia che gli sopravviva, che sia testimone del
suo passaggio", caricando "l'oggetto portavoce" della
sua impronta.
"Io devo essere la
mia opera".
Nel Medioevo, la radice
latina della parola "artista", "ars", significava
"un buon artigiano", un "artifex", un fare con
tecnica, "una forma superiore del fare".
Poche sfumature allora
differenziavano l'artista dall'artigiano, entrambi padroneggiavano il
saper fare.
La distinzione
significativa sopraggiunge nel Rinascimento
"L'artigiano d'ora in
poi sarà colui che fa qualcosa di bello e di utile, l'artista colui
che fa il bello inutile".
"Un grido d'umanità"
Il conferenziere non
attribuisce un fine ben definito all'oggetto d'arte. La sua
aspirazione non é quella di piacere, di significare come le
statuette primitive, un'adorazione a un dio, a un capo, la sua
ricerca supera le frontiere dell'estetismo, "ci obbliga a
pensare, riflettere, dà delle piste d'interpretazione, delle
sensazioni, delle impressioni alle quali lavorare con noi stessi".
Si compra un oggetto
artigianale per le sue qualità utilitarie, ornamentali. Acquistare
una creazione artistica é un rispondere a "un grido di umanità
al quale non si sa rinunciare".
"Una mano tesa"
Marco Caccavo cita
Michelangelo che parlava cosi' della scultura: "Vedi un blocco,
pensa all'immagine: l'immagine é li' dentro, é sufficiente solo
liberarla". Quando crea, "é il suo bambino-proiezione che
nasce dal blocco". Se l'arte é la creazione-specchio, é anche
e soprattutto "la forma primordiale della comunicazione umana".
L'artista "crea per
gli altri, mette tutto il suo essere in piena luce, é nudo, animato
da una volontà di condivisione, da una volontà di arrivare a un
cammino comune con l'altro. L'arte e l'artista, attraverso questo
mezzo, sono come una mano tesa che ci dice semplicemente: "Seguimi,
dimmi, comprendimi, toccami".
Nadia Ventre
La Marseillaise
Traduzione in italiano dell'articolo apparso su "La Marseillaise", Domenica 17 Marzo 2013
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