Le
figure che animano l'universo pulsionale di Matteo Casamassima sono
tracce di delusioni racchiuse in fredde forme geometriche. Il suo
tratto é influenzato dalla visione urbanistica della pittura
rinascimentale, arricchita dal contributo dato dall'Arte metafisica
del primo '900, apporto fatto di interrogativi ed inquietudini. I
soggetti che l'artista predilige sono figure dai contorni umani che,
tuttavia, nulla hanno di sembiante ad una fisionomia antropica
classica. Potremmo definirli soggetti
svuotati di senso proprio, in virtù di una mancanza di conoscenza
sensuale.
Infatti, se
prendiamo per vere le teorie della filosofia sensista (che qui, per
evidenti esigenze, dobbiamo ridurre all'asserzione che vuole nei
sensi la fonte della conoscenza), i volti del Casamassima non hanno
esperienza del
mondo.
Infatti, riconosciamo
su tela delle teste, rappresentate da figure ovali, senza gli organi,
come gli occhi o il naso, per esempio, atti, come si diceva un
momento fa, ad una conoscenza ragionata dell'ambiente circostante.
Avvertiamo, cosi', una sorta di spaesamento conoscitivo ed
emozionale, ben tradotto dall'accurata scelta cromatica, dinanzi il
reale qui rappresentato in forma geometrica. L'artista, quindi,
riproduce, nelle sue opere, lo scacco di una conoscenza verticale
del mondo, fatta di processi accumulativi ai quali manca il
sostanzioso abitarsi.
Non casualmente utilizzo questo termine; il filo conduttore della
mostra é esattamente la difficoltà di essere in un corpo o in un
alloggio. Abitare un corpo senza occhi é esattamente abitare uno
spazio urbano non proprio. Come improprio
é stato lo sfortunato progetto delle Vele di Scampia, a Napoli, che
ossessionano l'universo creativo dell'artista. Nate come progetto
tutto italiano e animate dalla volontà di creare una nostrana cité
radieuse alla Le
Corbusier, ispirandosi alle di quello unités
d'habitations e
alle strutture a
cavalletto del
giapponese Kenzo Tange, le Vele sono metafora del fallimento di un
progetto urbanistico/architetturale che esula dal sentire e dalla
weltanschauung, (
termine tedesco intraducibile in italiano, tradotta con la perifrasi
"visione del mondo" )
di coloro che avrebbero dovuto
abitare quel luogo,
ovvero
dei residenti,
che
non riconoscono quell'ambiente come propria casa. E prova ne sono le
fin troppo note immagini di degrado di quei luoghi, figlie
dell'incapacità di uno Stato di comprendere l'animo dei suoi
cittadini meridionali.
Le
Vele di Casamassima, sorta di cattedrali nel deserto in scala di
grigio, e i suoi volti/manichini non abitati, ispirati,
evidentemente, dal metafisico de Chirico, sono, allora, costruzioni
preconfezionate nelle quali trovare riparo in maniera anonima, e
nelle quali, magari, sopire il proprio slancio vitale, a favore di un
vivere a colori sfumati, stemperando, nella fredda geometria della
forma, la volontà di un cosciente abitare-il-mondo.
Marco
Caccavo
Giovinazzo,
2014
1 commento:
bell'incontro con te. grazie marco
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