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sabato 3 settembre 2011


I modi dell'Essere, abiti mondani verso la nudità del Sè


Una riflessione per l'Artista Mya Lurgo


L'immagine di ciò che io sono nel mondo è il biglietto da visita per il mondo che è l'Altro. D'accordo, l'altro è l'inferno per l'Esistenzialismo di Sarte, ma è anche l'imprescindibile realtà con cui sono costretto a fare i conti ogni volta che, guardandomi allo specchio, mi chiedo se possa andare bene così conciato o truccato1.
Io esisto nella percezione che l'Altro ha di Me.
Piacevolezza della cristallizzazione della forma! Si prova, infatti, una rassicurazione esistenziale quando si fa bella figura con un vestito nuovo e ci si sente a proprio agio in "quei panni" accettati dall'Altro. Così, di volta in volta, in questa continua sfida per il riconoscimento, si sfoggiano gli abiti più belli e si riciclano le convenzioni sociali vincenti per garantirsi una sorta di legalità dell'esistenza. Ma perchè l'Essere che io sono (Io sono sicuro di essere me stesso a prescindere dall'abito2, come sono sicuro di me quando mi guardo, in tutta la mia umanità, nudo allo specchio) è reale in virtù di ciò che gli altri pensano di me? L'umano altro, dalle percezioni fallaci e limitate, immagina il Sè che io mostro, il mio abito. Insomma, l'Altro "immagina un'immagine" visiva del mio Sè, della mia persona, non il mio Sè tout court. Non da sottovalutare pare, altresì, l'etimologia della parola Persona3 quale maschera da adottare sul palco dove io sono l'attore del mio dramma. Ma anche gli attori più navigati, a volte, sentono la necessità di rimanere nel proprio camerino in compagnia di Sè. Nel loro contrasto, essere o non essere, la dualità della vita pare fare il proprio ingresso in scena, con un pubblico rumoroso che freme per acclamare o fischiare la Decisione4: giocare ancora alla vita assumendo, di volta in volta, abiti e maschere differenti essendo5 così "Uno, nessuno o centomila" o scegliere la vi(t)a poco battuta che conduce al numero civico dell'Essere in quanto sono ciò che sono, senza paure di disvelamento, senza temere che un improvviso colpo di vento ci denudi dell'abito che pazientemente ci siamo cuciti, o fatti cucire, seguendo le intricate geometrie del corpo: riappropriarmi del mio Sè spogliandosi gradualmente delle esperienze, ricordi e ragioni d'essere che ci hanno fatto6 essere tali e quali noi siamo. Il percorso che porta al disvelamento del proprio vero Sè è intricato e graduale7, lo si definirebbe un regressivo "nostos" verso la purezza originaria, età aurea dei sensi e del panteismo di sensazioni originarie, vere...umane. Allora, l'Essere in Sè non sarà un particolare modo di Essere, ma sarà il Modo di essere dell'uomo quale nuovo io-penso Kantiano inserito nel primum relationis con l'Altro.
"Abbi il coraggio di essere Uomo, albero dal fusto inscalfibile con radici ben salde nella materia e foglie accarezzate da divini alisei". 



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